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Scusi, cos’è il West?

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Scusi, cos’è il West?

di Stefano Bidetti

Il West, inteso come fase storica legata all’espansione verso Ovest della giovane nazione americana, costituisce un affascinante fenomeno di innamoramento collettivo per qualcosa che poi è concretamente di difficile definizione. Cominciamo col dire che è un raro caso di epoca storica definita tramite un concetto geografico. Il West consiste nell’esplosione della ricerca, verso Ovest, di nuove terre da esplorare, conquistare e “civilizzare”. Durò circa un secolo, dal 1804, anno in cui l’acquisto del territorio a Ovest del fiume Missouri dalla Francia aprì agli americani, affamati di voglia di fare, la prospettiva di sconfinati territori in cui scatenare tutte le proprie libertà (anche quelle meno lecite), al primo decennio del XX secolo. Approssimativamente nel primo decennio del ‘900 la linea ferroviaria First Transcontinental Railroad, che doveva collegare i due oceani, era stata completata da tempo (1869), gli indiani erano stati quasi tutti massacrati o deportati e reclusi, gli ultimi ribelli erano stati sconfitti (1896), i bisonti completamente sterminati, la potenza degli Stati Uniti a livello mondiale stabilita dopo le guerre con l’Inghilterra, il Messico e la Spagna, la libera iniziativa del singolo, che aveva agito senza freni e senza regole, di fatto ricondotta a un qualche tipo di controllo. In sostanza, si trattò dell’affascinante storia di genocidi, prepotenze, giudizi sommari e ingiustizie, accompagnati però, indubbiamente, da storie di coraggio, forza di volontà e tenacia come forse mai nella storia si erano viste!
È stata una storia di uomini, di individui che hanno scritto il proprio nome tra quelli da ricordare, ma che già conteneva tanti di quelli che oggi sembrano essere elementi tipici della cultura americana. Fu ad esempio un periodo in cui la gestione della propria immagine personale da parte dei singoli riuscì a superare la realtà dei fatti. Che grandi personaggi storici abbiano favorito la diffusione di immagini ingigantite dei propri meriti e delle proprie qualità era sicuramente già accaduto, ma la particolarità in questo caso fu innanzi tutto il fatto che questo divenne un fenomeno messo in piedi anche da gente comune, e inoltre che da alcuni venne gestito in modo scientifico, come se il cinema (che peraltro attinse sin da subito al fenomeno) facesse già parte della vita quotidiana dei protagonisti del tempo. Così personaggi come Calamity Jane, Wild Bill Hickock, Wyatt Earp, George Armstrong Custer, Buffalo Bill fino a Tom Mix furono accompagnati e supportati da un alone di mistero e di fascino basato anche molto sulle leggende che, in proprio o grazie a qualche sostenitore, venivano messe in giro a sostenere i personaggi stessi. E uno dei soggetti che contribuirà ad alimentare l’aura fascinosa dell’epoca di indiani, trappers, cowboys, sceriffi e pistoleri fu quel Ned Buntline, autore dei romanzi dime novels, che getterà sul fuoco dell’autocelebrazione da parte di quel mondo una grande quantità di benzina fatta di balle vere e proprie, storie gonfiate o inventate di sana pianta, miti costruiti ad hoc in nome del (proprio) business e della voglia di alimentare l’incredibile, e sicuramente autentico, entusiasmo che probabilmente i protagonisti della “frontiera” provavano per il semplice fatto di essere al mondo, lì, in quel momento. Perché sicuramente in tanti di loro, soprattutto nella componente maschile, si sviluppò la convinzione che la vera vita non potesse che essere in quella parte del mondo, che le vere emozioni le si potesse provare soltanto davanti allo sconfinato senso di libertà che potevano dare l’immensa prateria del centro del continente o le estese foreste che si stendevano al Nord, che i veri uomini fossero soltanto coloro in grado di misurarsi con tutto questo e riuscire a sopravvivere.
In realtà poi la conquista del West fu garantita dall’insediamento di migliaia e migliaia di famiglie di coloni, scappati dall’Europa o dall’Est in cerca di fortuna e mandati allo sbaraglio a dissodare terreni, fronteggiare i nativi e resistere alla logica della legge del più forte. La neonata nazione americana riteneva infatti che l’immenso territorio situato a Ovest fosse un meraviglioso regalo incredibilmente piombato tra le proprie braccia di cui poter liberamente disporre, senza considerare la presenza di chi da secoli in quel territorio, e in perfetta armonia con esso, viveva liberamente. La logica fu la stessa delle conquiste coloniali delle grandi potenze europee, ma le modalità furono completamente diverse. Il governo americano mandò avanti gli individui singoli, alimentò questo senso di libertà personale scaricandosi in molti casi la coscienza rispetto a quelle che sarebbero state le inevitabili conseguenze: migliaia di pellerossa, ma anche di uomini bianchi, sacrificati in tantissimi singoli episodi di prepotenza e violenza in nome di un inevitabile progresso che avrebbe ineluttabilmente decretato l’affermarsi del più forte. Da questo punto di vista non si riuscì mai a definire un accordo che garantisse la pace tra i soggetti diversi in campo, sia tra gli arrembanti uomini bianchi e gli indiani, sia tra le diverse tribù di pellerossa che il prepotente avvento dei bianchi aveva ancor più messo in contrasto tra loro. E anche quando qualche tentativo in tal senso sembrava far ottenere dei risultati, poi bastava che qualcuno occasionalmente scoprisse l’oro in California o nelle Black Hills perché tutto venisse ribaltato da una masnada di avventurieri e/o disperati pronti a partire con qualsiasi mezzo in cerca di fortuna. Di fatto non esisteva né il modo né l’autorità in grado di coordinare e regolare i diversi interessi. Di fronte all’idea, subito affermatasi nella mentalità americana, che la buona volontà e l’iniziativa individuale potevano consentire a chiunque di farsi spazio nel mondo, non esisteva limite o legge che reggesse, e neanche poteva ottenere un qualche risultato il timore dei pericoli reali che ognuno avrebbe potuto correre avventurandosi verso Ovest. L’idea del guadagno facile, di territori disponibili, di donne e bellezze a portata di mano trasformarono probabilmente in quel periodo anche il più pavido in un coraggioso avventuriero, pronto ad affrontare il mondo pur di emergere dalla propria mediocrità… D’altronde, l’esplorazione e la conquista di quei territori comportavano molti meno problemi di quanti non ne potesse aver rappresentato per gli europei la conquista di colonie in Africa o in altre parti del mondo; nel Nord America, infatti, a parte i nativi, contro i quali la legge delle armi poté facilmente avere la meglio anche da parte dei singoli, data la sproporzione dei mezzi a disposizione, grandi pericoli e difficoltà ambientali, tali da fermare proprio l’avanzata dei pionieri, non ce n’erano. Immensi territori davano la sensazione di essere lì pronti a diventare la nuova terra promessa di cui anche la Bibbia aveva parlato…
In ogni caso, nonostante gli infiniti passaggi fatti di momenti tristi per l’umanità, la storia del West costituisce un affascinante pozzo cui attingere per ricavarne storie, emozioni e, in sintesi, il senso dell’avventura che probabilmente ormai per il mondo civilizzato risale a tempi troppo lontani. Di fatto è estremamente accattivante pensare che non più tardi di un secolo e mezzo fa si consumavano episodi come quello del trapper Hugh Glass, capace di sopravvivere all’attacco di un orso, di curarsi da solo e – ormai abbandonato come destinato a morire dai suoi compagni – di percorrere 320 km a piedi per cercare coloro contro i quali vendicarsi; o come quella di Victorio o di Geronimo, capi apache capaci di combattere per più di trent’anni contro i bianchi, in un periodo in cui ormai gli indiani erano stati quasi del tutto sbaragliati, tenendo in scacco l’esercito più forte del mondo. Di storie e leggende dense di fascino come queste ne abbiamo viste e lette tante, e non è un caso che la fervida immaginazione di tanti scrittori, americani, ma forse ancor più europei, sia riuscita a produrre con grande continuità trame ambientate in quel contesto. Probabilmente ciascuno di noi appassionati del genere riuscirebbe in pochissimo tempo a costruire una trama plausibile con quei personaggi e quelle ambientazioni, e sarebbe di sicuro una storia credibile perché quasi sicuramente ricalcherebbe un fatto realmente avvenuto! Di fatto, anche a distanza di migliaia di chilometri e di centinaia d’anni, il West è dentro di noi come anelito alla libertà di movimento, alla possibilità di partire e cominciare da zero, alla voglia di avventura, di scoperta e di esperienza che ha conquistato quanto meno i più romantici tra i rappresentanti di quel mondo. Gli altri, le migliaia d’altri, nella maggior parte dei casi quel mondo lo hanno subito, come inevitabile, come ineluttabile, come inesorabilmente destinato a trionfare e poi a esaurirsi, non senza aver completato l’intera parabola del proprio destino. Così uomini e personaggi sono velocemente transitati, ma al tempo stesso entrati nella wall of fame di un’atmosfera magica, che era già cinema ancor prima di essere riprodotta su una pellicola, che aveva già la sua colonna sonora nelle ballate importate dalla lontana Irlanda o nei tamburi dei villaggi indiani.
Da questo punto di vista, diventato ormai mito ben al di là dei confini territoriali in cui ebbe luogo, il fascino della storia del West è diventato patrimonio comune di tutto il mondo, con tutte le sue incredibili contraddizioni e con tutte le esagerazioni e invenzioni di cui è stato teatro. E se non dovessimo riuscire in poche parole a rispondere alla domanda del titolo, cioè “Scusi, cos’è il West?”, sicuramente saremmo in grado di rispondere al quesito “Dove è il West?”: è dentro ciascuno di noi!


postato il 18/10/2017 alle ore 22:51

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