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L’ingordigia dell’ignoranza

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L’ingordigia dell’ignoranza

di Stefano Bidetti

Esistono tanti modo di dare spazio alle proprie passioni. Nel mondo dei fumetti una delle cose più intriganti forse è quella di condividere e di poter approfondire la conoscenza dei propri personaggi preferiti, di poterne analizzare tematiche e filoni, di potersi avvicinare il più possibile a quel “brodo primordiale” rappresentato dalle ispirazioni che ne generano le storie e determinano la realizzazione delle stesse.
Ecco allora che dar vita a una rivista dedicata al tuo personaggio preferito - per quanto costituisca un’attività di nicchia, rivolta a un pubblico di nicchia - può costituire motivo di grande soddisfazione. Anche se poi ci perdi le nottate, o ci rimetti magari anche qualcosa; se prendi e parti per acquisire materiale, informazioni o interviste; se ti rechi a presenziare qualche evento al solo scopo di far conoscere a più persone la tua passione e quello che realizzi; se passi almeno la metà del tuo tempo a immaginare qualche nuovo progetto, nuove possibilità, nuovi sviluppi: innanzi tutto per divertirti, ma poi anche per interessare e divertire quelli che pensi abbiano la tua stessa passione.
Col tempo ti fai un po’ di esperienza, ti rendi conto che si può sempre crescere e migliorare, che si può acquisire una sorta di deontologia professionale, un codice etico rispettando il quale acquisti il rispetto di tutti coloro che ti circondano, siano essi lettori, appassionati, disegnatori, autori, organizzatori o editori. E quello è il limite del tuo dilettantismo, dell’amatorialità delle cose che realizzi. Resti un non-professionista, che però in qualche modo apprezza il gusto di imporsi un codice da professionista, più serio del giornalista tipo, che assapora il piacere di essere visto come persona corretta, come un divulgatore e non un commerciante, come un appassionato felice di mettere in comune le cose che approfondisce e non un approssimato ritagliatore di articoli incollati in qualche modo per darsi un tono.
Dalle prime fanzines degli anni ’70 ad oggi tanti passi avanti sono stati fatti. Ora, anche da casa è effettivamente possibile realizzare delle riviste ben curate, con attenzione, con scrupolo, con sensibilità. Occorre ovviamente sempre e comunque tempo, passione, fatica e capacità di non starsi mai a chiedere: ma chi me lo fa fare? Perché il “chi te lo fa fare” in realtà sei proprio tu, quel fuoco che anima la tua passione sin da quando eri bambino, quella voglia di continuare a chiedersi “e se…?”.
Scrivere di fumetto inevitabilmente vuol dire avere a che fare col mondo dell’immagine: commentare quello che i maestri che tanto ammiriamo riescono a realizzare, alcune volte meglio di altre; commissionare copertine e illustrazioni da poter utilizzare sui vari numeri della rivista; immaginare il miglior uso di una certa immagine e, anzi, indirizzarla proprio a meglio esprimere quello che deve accompagnare, o illustrare.
Tutto questo, per essere fatto con amore e senza alcun tipo di rancore, richiede anche tanta pazienza, tanto impegno a non commettere errori, a non essere superficiali, a non scegliere scorciatoie “furbette” ma magari poco nobili. Vuol dire ad esempio non scopiazzare da altri, non utilizzare materiale che non sia già abbondantemente “pubblico”, soprattutto non ripubblicare immagini che altri hanno già pubblicato dopo aver pagato l’autore sia per il lavoro che per il diritto a pubblicarle; e comunque sempre citare la fonte, o magari ancora meglio chiedere l’autorizzazione all’utilizzo. Perché altrimenti, come dice il titolo, l’ingordigia di utilizzare qualcosa di bello viene nascosta dalla presunta ignoranza sulla provenienza dell’immagine in questione, sulla base del fatto che la si sia potuta magari reperire su Internet.
In rete si trovano tante immagini, da ubriacarsi. Non sempre sono ad alta definizione, spesso sono protette, ma a volte si può procedere. Quando però un’immagine è presentata come appartenente a qualcun altro, sia come possesso che come diritti, e peraltro è anche stata già pubblicata, e di ciò se ne ha certa notizia, forse bisognerebbe astenersi dall’utilizzarla per un proprio articolo… Soprattutto quando il disegnatore autore di quel disegno è uso pubblicare sul proprio account Facebook decine e decine di immagini dei propri disegni: tra sketches, illustrazioni, tavole e copertine, si viene letteralmente sommersi di immagini, e sarebbe facile scegliere – magari chiedendo preventivamente all’interessato – qualcosa che sia tranquillamente utilizzabile. Ma guarda caso, la curiosità e l’ingordigia si vanno a focalizzare proprio su quel disegno che intelligenza e prudenza vorrebbero non si utilizzasse. Ma l’importante è non informarsi, poter magari dire “non lo sapevo”, celarsi appunto dietro l’ignoranza. Ma non c’era una volta un detto che recitava qualcosa tipo “Ignorantia legis non excusat”?
Ah, com’è fragile l’animo umano! Come siamo deboli rispetto alle tentazioni! L’avidità a volte rende ciechi e sordi, avventati e forse prepotenti. Per fortuna che le nostre riviste le leggono quattro gatti…


postato il 2/6/2020 alle ore 12:20

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