100
79
Monotematicità o monotonia
di Stefano Bidetti
Il fumetto è una passione. E in quanto tale presuppone modalità diverse di fruizione, di morbosità, di innamoramento, di appagamento, in sintesi di personalizzazione della stessa. E fin qui non ci piove. C’è chi colleziona albi a fumetti; chi li compra solo per leggerli, quindi accontentandosi di albi in condizioni qualsiasi; chi segue varie serie; chi li compra e li imbusta direttamente senza “rovinarli” leggendoli; chi compra un po’ di tutto; chi invece magari si specializza su poche testate, o addirittura su un’unica pubblicazione. Mi è capitato di conoscere persone che, dello stesso personaggio, comprano più copie della serie. Non intendo parlare di coloro che acquistano due copie, una da leggere e una da incellofanare e conservare religiosamente nella libreria, ma proprio di coloro che dello stesso personaggio continuano ad acquistare nuovamente tutta la sequenza, arrivando a possedere tre, quattro o cinque collezioni complete assolutamente identiche tra loro! Per non parlare poi di ogni e qualsiasi tipo di ristampa ne venga fatta, fino ad avere delle stesse storie anche sette/otto versioni diverse, ma uguali.
Va da sé che, concentrandosi su un solo personaggio, le cui storie magari leggono e rileggono, questi appassionati lo conoscano a memoria, sapendo citare all’istante titoli, copertine, autori, comprimari, situazioni, magari battute e così via; e anche errori e relative correzioni; insomma tutto quello che fa parte del patrimonio del vero collezionista/nerd che tutto sa e a tutto risponde. E altrettanto automaticamente questi lettori/collezionisti diventano spesso dei veri e propri stalker degli autori, allorquando capita loro di incontrarli alle fiere. I Fans sono fans, e se si comportano come le ragazzine che ai concerti si strappano i capelli e si denudano alle prime note del loro gruppo preferito, vanno compresi e giustificati!
Quello che però viene da chiedersi è se, nell’ambito del fumetto, la monotematicità rispetto a un personaggio possa configurarsi sempre e comunque come amore per il fumetto in quanto strumento. Se per questi appassionati il fumetto è solo quello del personaggio X, la storia, l’evoluzione, l’alternarsi di diversi autori, il cambio dei tempi non modificano assolutamente nulla. Il loro personaggio e le sue avventure rimangono scolpiti nella pietra della loro passione inamovibili e immutabili. Il dubbio che questi lettori siano effettivamente in grado di comprendere, analizzare o interpretare il Fumetto come fenomeno di comunicazione, come medium, sinceramente diventa lecito.
Ora, ovviamente non è immaginabile che una persona che acquista, legge e apprezza i fumetti, anche diversi tra loro, sia onnisciente, conosca tutte le tipologie di produzioni, gli autori, i personaggi e così via. A parte qualche “mostro sacro” del nostro panorama, che può essere consultato su (quasi) tutto quello che è stato prodotto in un secolo di vita del fumetto, nessuno sarebbe in grado di avere conoscenze sul fumetto anteguerra, sul fumetto americano, sulla scuola argentina, sulla BD franco-belga, su manga e anime, sui supereroi, sul fantasy così come sull’avventuroso, sul fumetto di guerra così come sullo splatter, sul western come sulla fantascienza, e così via. Allo stesso modo, sarebbe impensabile che qualcuno sia in grado di cogliere ogni citazione, ogni inside joke, ogni riferimento contenuto in qualunque fumetto gli venga messo davanti; soprattutto considerando come al giorno d’oggi la commistione tra fumetto, letteratura, credenze popolari, cinema, serie TV e videogiochi sia assolutamente pregnante e, per certi versi, fuori controllo.
Però, al tempo stesso, resto fortemente convinto che non sia realmente possibile apprezzare il linguaggio di un fumetto, se non si ha un minimo di infarinatura generale su quello che, attraverso il fumetto, è transitato in tanti decenni di storia. Per intenderci, non si potrebbe leggere e apprezzare Tex, se non si avesse una anche minima cognizione di personaggi come Pecos Bill o del Kit Carson di Rino Albertarelli, oppure se non si fossero visti film fondamentali del panorama cinematografico del secolo scorso come Ombre rosse, Il grande cielo, Sentieri selvaggi o I cavalieri del Nord Ovest (per citare quattro film quasi a caso nell’enorme bacino in cui si potrebbe andare a pescare).
Altrimenti, come recita il titolo, si passerebbe dalla monotematicità, intesa più o meno come specializzazione in un determinato filone, alla monotonia più pedante. Perché a quel punto la scarsa elasticità mentale porterebbe anche alla ricerca sempre della stessa situazione, sostanzialmente della stessa trama, in un contesto di inamovibilità totale, tale da sfiorare la schizofrenia. Perché allora il personaggio in una situazione analoga a quella di un’altra storia non potrebbe che dire sempre la stessa identica battuta, avere la stessa identica reazione e ottenere gli stessi identici risultati. Tutto fermo in un immobilismo che non andrebbe infranto, pena la perdita di magia!
Ora, è anche vero che nei fumetti, diciamo in quasi tutti, i personaggi non crescono, non invecchiano, sostanzialmente non cambiano. Ma i lettori sì, perché la sindrome di Peter Pan non sarebbe giustificata. A meno che non si voglia dar ragione a quella fin troppo ampia fetta di società che ritiene i fumetti una cosa riservata ai bambini! Non è rimanendo immaturi che si salva il fumetto, ma crescendo insieme a lui. Che si tratti del fumetto preferito (ma non unico!) o di tante tipologie diverse, esso è fatto per sviluppare la fantasia, non per ucciderla definitivamente, o rinchiuderla dentro insormontabili steccati!
postato il 17/11/2020 alle ore 23:07