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di Francesco Pasquali
Dopo l’uscita della precedente miniserie Le origini ero in trepidante attesa per questa nuova avventura editoriale zagoriana.
Le premesse ci sono tutte: uno spunto interessante, con lo stratagemma del giornalista che intervista un misterioso personaggio, che ben conosce Zagor e che ne racconterà i lati più nascosti del carattere e della personalità; il bianco e nero delle tavole (finalmente si torna al classico intramontabile stile Bonelli) e una grafica nel complesso accattivante di tutto l’albo; un copertinista bravissimo riconfermato su questi albi fuori serie. Insomma si può puntare molto su queste Darkwood Novels.
Chi non vuole spoiler non oltrepassi queste righe perché ci saranno riferimenti espliciti alle vicende narrate.
Nel complesso preannuncio che il voto è comunque positivo anche se, viste le premesse, sono rimasto un po’ deluso (dannate aspettative!).
Partiamo dai disegni.
Freghieri si conferma un grande autore e, anche se con qualche pecca dal mio punto di vista, non ci sono dubbi che abbia fatto un ottimo lavoro. Piccole critiche per alcuni dettagli, come la pistola di Zagor (non è la Navy che tutti conosciamo), e per alcune movenze del personaggio che, a chi scrive, sembrano un po’ troppo gentili e delicate. Da manuale invece la scena della morte di Kendra; le foglie che si alzano nel vento nel momento in cui la ragazza produce gli ultimi respiri descrivono la scena in modo efficacissimo e molto poetico anche se, forse, fin troppo romantico (ma di questo ragioneremo dopo). La figura femminile è come sempre al top.
Disegni - Voto 7,5.
Ah, dimenticavo, il frontespizio di Michele Rubini è un mezzo capolavoro.
Testi: qui il discorso è complesso.
Sul web, come sempre, da un lato si grida al miracolo e dall’altro una parte dei lettori è inferocito per come, a loro dire, il personaggio venga snaturato. Come spesso accade la verità è nel mezzo e proverò a dare un giudizio equilibrato.
L’argomento clou delle critiche lo lasceremo alla fine, per ora veniamo ai dettagli.
Come detto inizialmente, è molto accattivante lo spunto, soprattutto perché si scatena la curiosità sull’identità segreta del personaggio che viene intervistato da Roger Hodgson. Qua e là Burattini dissemina indizi e piccoli appigli grafici. Interessante l’idea di dare a queste “rievocazioni” di vicende dello Spirito con la Scure un taglio specifico, cioè quello mirante al suo lato più umano, alle vicende più intime. Da notare il numero civico dell’abitazione, il 52, come lo Zenith di esordio di Zagor. In tutto l’appartamento si notano simboli indiani come scuri, frecce, scudi, copricapo e perfino il busto di un pellerossa. Ma naturalmente l’indizio più significativo è quello che lo sconosciuto personaggio pronuncia a pagina 10: confessa “di non aver frequentato nessuna scuola, se non quella di mia madre”. Sembra lampante che a raccontare, dunque, possa essere lo stesso Zagor (o forse il suo compagno Cico, richiamando un po’ lo schema delle vicende di Sherlock Holmes, raccontate dal suo compagno d’avventure, il dr. Watson), ma qui gatta ci cova e Burattini potrebbe volerci prendere per il naso con questo indizio. Vedremo.
Fin qui tutto bene, ma ora cominciano alcuni dubbi.
La Venere che sorge dalle acque è un bel vedere, non c’è che dire; onestamente niente di paragonabile al bagno di Blondie che qui è palesemente citato. Molto sexy la ragazza. La citazione, che ripropone la stessa identica situazione, forse appare un po’ forzata, ma largo alla sensualità delle donne disegnate da Freghieri! Certo che poi, se per coprire le pudenda di un così bel corpo, si utilizza addirittura la canna della pistola (vedi pagina 14), il tutto fa cedere completamente qualsiasi emozione… Dubito sinceramente che quella vignetta sia stata così concepita dall’artista.
Da qui la vicenda si dipana poi in maniera un po’ macchinosa; tutto scorre abbastanza liscio, tra agguati e passeggiate in due a cavallo, fino ai punti salienti delle pagine 42 e 61 ma tutto sommato non c’è una grande freschezza dei dialoghi come invece l’autore era riuscito a fare ne Le origini. Un buon lavoro ma le aspettative erano maggiori.
La storia si chiude velocemente con due pagine conclusive e ci si rivede il prossimo mese.
Un altro foglio di redazionali non troppo riusciti graficamente “e adesso la pubblicità”, come direbbe Claudio Baglioni.
Considerazioni sui due momenti cardine della vicenda e sulla storia in toto.
La morte della ragazza è la scena meglio riuscita sia, come detto, dal punto di vista grafico sia però anche da quello narrativo. Struggente al punto giusto, anche se lo Spirito con la Scure risulta un pelo troppo sdolcinato. Lascia un po’ di perplessità la cura con cui i soldati dell’Esercito lasciano spazio ai due in un momento, seppure molto delicato, consentendo a Kendra di mantenere il segreto delle sue azioni sulle quali stavano indagando.
L’altro momento topico è la scena d’amore, anche se potrei dire di sesso, a cui assistiamo all’incirca a metà dell’albo. Qui si sono scatenate le discussioni sul web.
Burattini, da bravo promotore della sua creatura, soffia sul fuoco delle critiche e riesce in questo modo a far parlare molto di Zagor, anche se i critici dogmatici si contano sulle dita di una mano. Questo è sicuramente un bene, ma a questo punto dico anche io la mia.
Ricordando che ormai non è certo la prima volta che Zagor ha un rapporto sessuale sulle pagine delle sue avventure, e che perciò chi si sveglia ora scandalizzato farebbe bene a tornare a dormire, mi sembra ormai perfino troppo frequente l’uso di questi “eventi” per colpire i lettori. Soprattutto negli ultimi tempi, tra Le Origini e altre storie brevi, sembra che Zagor debba recuperare in poco tempo tutto quello che non ci ha fatto vedere nei lunghi anni della sua saga. Torna alla memoria lo scalpore che aveva suscitato l’albetto (peraltro praticamente non autorizzato) con la storia “La strega” in cui soltanto si intuiva che nella tenda lo Spirito con la Scure si era concesso prestazioni extra… Siamo sicuri che focalizzare una vicenda sul rapporto Zagor-donna sia il modo migliore per attirare attenzione? La vignetta con quella scena si poteva evitare? Io direi di sì, ma attenzione, non per puritanesimo o chissà quale altro tabù da non infrangere, ma semplicemente perché secondo me non serviva e non serve ad un personaggio come Zagor. Cosa aggiunge? Una notazione si potrebbe poi fare su un dettaglio che torna costante nel rapporto tra i due. A cominciare dal titolo (Gli occhi del destino) , torna un richiamo al fascino esercitato dagli occhi del nostro eroe. Sembra sinceramente un particolare su cui non si era finora particolarmente concentrata l’attenzione degli sceneggiatori, e quindi anche dei lettori. Possibile che non ci siamo accorti finora degli occhi “alla Paul Newman” del bel Patrick?
Di rivelazioni particolari sull’intimo del nostro eroe comunque in questo albo in realtà non c’è traccia, se non appunto per quell’atteggiamento romantico e sdolcinato cui facevo riferimento; speriamo che nei prossimi numeri qualcosa di più esca fuori, perché altrimenti rimarrei un po’ deluso. Ho fiducia comunque in Burattini e spero proprio che dal prossimo mese riesca a farci apprezzare un lato nuovo e nascosto dell’anima di Patrick Wilding.
La cosa peggiore di questo primo albo, in generale, non è però certo la scena di pagina 42, bensì la totale subalternità di Zagor alla vicenda. In che maniera egli incide nella storia? È essenzialmente spettatore e non determina alcuna variazione nel copione.
Testi - Voto 6.
Per concludere il mio è in ogni caso un giudizio positivo perché il progetto è bello e significativo anche se spero che ci sia un salto di qualità nelle prossime uscite.
Ah, la cosa migliore finora è l’attesa per scoprire chi sia il personaggio misterioso. Qualche ipotesi, ma non voglio sbilanciarmi, Burattini è troppo furbo.
Voto complessivo 6,5.
postato il 4/6/2020 alle ore 19:02