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di Stefano Bidetti
La seconda puntata delle Darkwood Novels, dal titolo Il vento della prateria, ripresenta lo schema della prima, che peraltro si sa essere il filo conduttore di tutta la serie che comprenderà sei uscite. Un giornalista si reca in una casa di Philadelphia (sempre in bella vista il numero civico 52) dove un misterioso narratore, che si circonda di oggetti indiani e di altre cose riferite alla realtà di Darkwood, racconta storie dello Spirito con la Scure che abbiano comunque un filone più votato alla considerazione dei sentimenti e delle emozioni che non dell’avventura vera e propria. Almeno questo sembra essere l’intento, peraltro dichiarato, dell’autore Moreno Burattini.
In questa puntata, con i disegni dell’esordiente Anna Lazzarini, si parla di un episodio i cui protagonisti sono soprattutto dei cavalli. Avendo una storia in cui i protagonisti principali erano appunto degli equini, dopo la morte di Carlos Roume, forse il più grande disegnatore di cavalli a livello internazionale (e forse anche del recentemente scomparso Giovanni Romanini, anch’egli noto per questa sua capacità), era abbastanza logico per Burattini affidarsi alla disegnatrice milanese, la cui abilità nel disegnare i quadrupedi è già ben nota. Dobbiamo dire che lo stesso Michele Rubini, in copertina, se l’è cavata egregiamente. Un plauso anche a lui.
Un piccolo appunto, dovuto all’abitudine di ricostruire gli eventi passati in uso su collane come quella zagoriana, lo facciamo per “Alla ricerca di Zagor”. Quel tipo di redazionale sembra abbastanza inutile e un po’ ridondante per una miniserie come questa; possibile che serva tutte le volte riassumere ai lettori, che si spera riusciranno a rimanere fedeli per almeno sei uscite, i punti salienti dell’investigazione di Mr. Hodgson? Sembra quasi che si senta il bisogno di accalappiare ogni volta il lettore occasionale capitato lì per caso e attratto dalla copertina di un fumetto mai visto! Per carità ben venga un qualche strumento che consenta anche di conquistare nuovi lettori, ma questa reiterazione della lezione alla Piero Angela ogni volta diventa un po’ stucchevole, no?
L’episodio sembra costituire in maniera abbastanza fedele la trasposizione di un racconto in prosa già pubblicato da Burattini sul volume Dall’altra parte, che raccoglieva diversi racconti dell’autore toscano; unica variazione sembra essere il nome dell’amico indiano, che da Kobane diventa Kohane. È la seconda volta in breve tempo che Moreno Burattini ci propone il trasferimento in una storia disegnata di un racconto da lui già scritto e pubblicato. Che possa venire la tentazione di trasferire un racconto in una storia a fumetti è abbastanza normale; tra l’altro il soggetto e la storia sono suoi, e ovviamente ben venga. La cosa più strana però è il non dichiararlo esplicitamente, il cambiare titolo alla trama, quasi come se gli appassionati zagoriani potessero non cogliere la cosa. Oppure che dietro ci sia semplicemente una carenza di soggetti? Ecco allora che Cavalli bradi diventa Il vento della prateria, così come Disgelo (racconto pubblicato in appendice alle strisce della “Collana Scure”) era diventato La diga di ghiaccio (proposto sull’ultimo Maxi Zagor dedicato ai racconti). Insomma, una cover a fumetti di una propria opera letteraria è assolutamente lecita, ma perché mascherarla?
Di certo va detto che questa sovrapproduzione indotta (molto probabilmente dall’alto) di storie zagoriane, forse nel desiderio di rappresentare l’effervescenza del personaggio a ridosso del suo 60° compleanno, non sta rendendo la vita facile al suo curatore. Si sa che i progetti stanno cambiando velocemente, che nascono nuove cose da realizzare entro ieri e tutto questo di certo non aiuta. Peraltro, a titolo personale, non credo – come più volte ribadito – che lo Spirito con la Scure abbia bisogno di tanta quantità di uscite, quanto piuttosto di qualità… soprattutto per festeggiare degnamente un traguardo così importante!
Spendiamo ora due parole sulla disegnatrice, che ci sembra essersela cavata molto bene, soprattutto considerando che finora aveva disegnato tutt’altro. Transitata infatti attraverso la fantascienza di Legs Weaver & company, e poi le atmosfere più fantasiose di Brad Barron e Greystorm, la simpatica autrice si è disimpegnata con buoni risultati nel disegnare la prateria e Zagor. Molto belle le vignette ad acquarello, mentre forse qualche piccola sbavatura la si può notare nella rappresentazione degli indiani, soprattutto nei primi piani. Zagor invece è reso abbastanza bene.
DISEGNI - Voto 7,5
C’è da dire che anche in questo secondo episodio il suo ruolo appare abbastanza periferico: è soprattutto il suo amico kiowa Kohane che fa fuori i banditi, mentre l’intervento risolutore è affidato alla giumenta che, privata poco prima del suo puledro, conserva traccia visiva del responsabile e compie la sua vendetta. La scena del riconoscimento visivo ricorda la scena finale de L’orca assassina, laddove il mammifero pure riconosce e finisce l’uomo responsabile della morte del suo cucciolo. La trama infatti vede Zagor e il suo amico tornare indietro allo stazzo dove gli altri indiani, che custodivano un branco di cavalli appena catturati, sono stati poco prima sterminati da un manipolo di uomini senza scrupoli, che hanno bisogno di cavalcature fresche. Uno di questi peraltro non ha esitato appunto a uccidere anche un puledrino nato da poche ore. Naturalmente i due si scagliano contro gli assassini, facendoli fuori tutti, ma l’ultimo riesce a nascondersi dietro le rocce. Non ha però fatto i conti con la “mammina” che non esito a ucciderlo a colpi di zoccoli. La storia in effetti è abbastanza semplice e l’aspetto “emotivo” in questo caso è dato esclusivamente dalla componente di umanizzazione delle reazioni di una cavalla rispetto a una situazione tipicamente umana. È da notare che questo elemento, in occasione del racconto Cavalli bradi, era stato considerato come elemento tale da consentire di classificare il racconto nella categoria degli altri del volume, cioè una storia dal finale in qualche modo destabilizzante.
TESTI - Voto 6-
Venendo ora alle considerazioni più generali, va detto che per la seconda volta la storia non include il povero Cico, che – dopo la miniserie a lui interamente dedicata – sembra rimane tagliato fuori da queste iniziative dedicate all’eroe in casacca rossa, pur essendone il suo principale alleato. Questo particolare farebbe pensare che l’anonimo narratore non sia il messicano, che di solito è notoriamente prodigo di arricchimenti del proprio ruolo quando racconta qualche vicenda. Peraltro anche i pochi tratti fisici del personaggio in penombra non farebbero pensare a lui. E d’altronde sembrerebbe anche difficile immaginarlo sistemato in una elegante abitazione a Philadelphia e assistito da una governante. Per alimentare il gioco di tentare di indovinare di chi si possa trattare, voglio allora aggiungere qualche altra notazione.
È altrettanto difficile pensare che si possa trattare dello stesso Zagor che, sotto mentite spoglie, si finge solo un conoscente di se stesso. Gli stivali che si notano in un paio di inquadrature e anche la sua silhouette potrebbero anche richiamare la sua fisionomia, ma sinceramente sarebbe contro tutte le possibili proiezioni l’idea dell’eroe a pensione in una casa cittadina. È vero che la casa è arredata con armi e utensili indiani, e addirittura si parla della presenza della sua scure, ma ci sembrerebbe un’esagerata forzatura quello di incastrare lo Spirito con la Scure in questo ruolo.
Non dovrebbe trattarsi di un militare, che sicuramente avrebbe corredato l’abitazione quanto meno anche di ben altri oggetti, né tanto meno di un indiano, dato il contesto cittadino. L’unico che potrebbe inserirsi in quel tipo di vita potrebbe essere l’avvocato Satko, ma il personaggio ha dichiarato di non aver frequentato alcuna scuola, se non quella della madre. Uno scambio di battute sembra far presagire inoltre che il soggetto abbia vissuto a Darkwood.
Sembrerebbe da escludere anche l’ipotesi che si tratti di una donna, sempre per gli stivali e i pantaloni di foggia palesemente maschile che si notano più di una volta. Ma nel caso, potrebbe trattarsi di una delle ragazze di Pleasant Point, dato che negli appunti finali del giornalista si parla di una foto con solo due delle tre donne che sappiamo frequentare il trading post?
Ognuno può avanzare le sue ipotesi, in attesa dei prossimi indizi.
A fine racconto l’appuntamento per l’incontro successivo è diluito a due giorni dopo. Sembra quasi un appuntamento dato a un lettore zagoriano dal suo edicolante, che gli dice di ripassare il mese successivo per avere un’altra storia…
VOTO COMPLESSIVO - Voto 6+
postato il 2/7/2020 alle ore 23:40